Il verbo fari come ausiliare in una varietà siciliana

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Il siciliano di Finale di Pollina piccola località a circa 14 km ad est di Cefalù, sulla costa settentrionale dell’isola – e la varietà di italiano ivi parlata possiedono il costrutto pluripredicativo illustrato in (1):

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(1) a. Iri m’Palermu fai?

‘Quel che fai è andare a Palermo?’

b. Mancu salutari fici.

‘Non ha nemmeno salutato.’

Gli enunciati in (1) contengono un verbo all’infinito ed il verbo fari fare proprio come accade in quello in (2b):

a. La bambina si spaventa.

b. Le grida dei vicini fanno spaventare la bambina.

Un proficuo punto di osservazione di (1) e (2) è quello della funzione del verbo fare e della sua valenza. L'esempio (2b) illustra un caso di fare causativo. Come è noto, in questo uso fare introduce un nuovo argomento (le grida dei vicini), che riceve il ruolo tematico di causa o origine dell’evento (cioè (2a)).

Dal punto di vista delle posizioni argomentali di fare, gli esempi in (1), diversamente da quello in (2b), appaiono problematici. In (2a) il verbo è alla forma finita (si spaventa). Esso è invece all’infinito in (2b). Parallelamente, in ciascuno degli esempi in (1) troviamo un verbo all’infinito (iri ‘andare’ e salutari ‘salutare’), ma in questi casi fari non introduce alcun argomento nuovo. Inoltre, esso si dispone alla fine della proposizione anziché precedere l’infinito come accade in (2b).

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Il lavoro che presento muove da queste considerazioni e risponde alle seguenti domande: se in (1) fari non introduce nessun argomento, qual è la sua funzione? L’ordine lineare in (1) è alquanto diverso da quello in (2b): è il carattere avalente di fari a determinarlo?

Si considererà il verbo fari in (1) come un caso di ausiliare (v. Rosen 1997). Come altri ausiliari fari non porta con sé elementi argomentali e, come altri ausiliari del siciliano (v. Rohlfs 1969), fari occupa la posizione finale della proposizione. Ausiliari con funzioni simili non sono rari nelle lingue del mondo (v. Harris & Ramat 1987). Per esempio in inglese, con il do utilizzato per la formazione di frasi interrogative, negative ed enfatiche. Nel siciliano di Finale di Pollina lausiliare consente una distribuzione dellinformazione tematico-rematica diversa da quella non-marcata.

In recenti sintesi sul siciliano (v. Leone (1982, 1995), Ruffino 1991, Varvaro 1988) questo costrutto non compare. L'assenza di un preciso equivalente nell'italiano parlato e, a quanto pare, in altre varietà di siciliano lo rende interessante.

Riferimenti

Harris, M. & P. Ramat. 1987. Historical Development of Auxiliaries. Mouton, Berlin , New York , Amsterdam .

Leone, A. 1982. Litaliano regionale in Sicilia. Il Mulino, Bologna.

Leone, A. 1995. Profilo di sintassi siciliana. Centro di studi filologici e linguistici siciliani. Palermo.

Rohlfs, G. 1969. Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti. Einaudi, Torino.

Rosen, C. 1997. Auxiliation and serialization: on Discerning the Difference, in Complex Predicates, A. Alsina, J. Bresnan & P. Sells (edd.), pp. 175-202, Stanford, CSLI.

Ruffino, G. 1991. Dialetto e dialetti di Sicilia. CUSL, Palermo.

Varvaro, A. 1988. Italienisch: Areallinguistik XII. Sizilien. In Holtus Günter, Michael Meltzeltin e Christian Schmitt, Lexicon der Romanistischen Linguistik, volume 4. Niemayer, Tübingen. Pp. 716-731.

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